Noi milanesi di oggi alziamo gli occhi al cielo in cerca di sostegno e protezione rivolgendoci alla Madunina, simbolo stesso di Milano al pari del Duomo. E’sempre stato così? A chi si rivolgevano gli abitanti della città prima dell’edificazione del Duomo e della sua Madonnina? Recenti studi di carattere storico e archeologico sono giunti a proporre una tesi alquanto affascinante. Secondo questa esisterebbe una vera e propria tradizione milanese del culto matriarcale. In altri termini, fin dalla fondazione, gli abitanti avrebbero avuto come nume tutelare una divinità femminile, rappresentata oggi da quello che è il personaggio femminile più rappresentativo della chiesa cattolica: la Madonna, appunto.
Laddove ora sorge il Duomo, infatti, prima della sua costruzione, iniziata nel XIV secolo, esisteva la cattedrale carolingia di Santa Maria Maggiore (836). Mentre nell’area dell’attuale sagrato, orientata lungo l’antichissima strada golasecchiana, nota anche come via del Sempione, che conduceva alla zona del lago Maggiore, era la basilica di Santa Tecla, la cosiddetta Basilica Maior, edificata nel IV secolo su iniziativa dell’imperatore Costante che, all’indomani del concilio ecumenico del 345, aveva ritenuto necessario sovvenzionare la costruzione di un nuovo e più adeguato edificio. Il concilio si era infatti tenuto a Milano nella Basilica Vetus dopo che nel 342 l’imperatore aveva ricevuto, sempre a Milano, il vescovo Atanasio di Alessandria, che gli aveva esposto la necessità di convocare un concilio ecumenico per condannare l’arianesimo. La Basilica Vetus, costruita nel 314 su richiesta dell’imperatore Costantino, sorgeva nell’attuale zona absidale del Duomo attorno a quello che è oggi il battistero di Santo Stefano alle fonti. Dunque Santa Maria Maggiore prima della Madonnina e, prima ancora, Santa Tecla: edifici sempre dalla dedicazione femminile.
La basilica di Santa Tecla era poi sorta inglobando l’antico tempio romano di Minerva, che era stato edificato a sua volta laddove, probabilmente fin dalla fondazione della città, avvenuta nel VII secolo a. C., esisteva il santuario celtico dedicato alla dea Belisama. All’interno dell’antico tempio celtico, secondo quanto riportato dallo scrittore greco Polibio nel II secolo a. C., erano custodite le sacre insegne aureee e inamovibili, simbolo della nazione celtica degli Insubri, di cui Milano o, meglio, Medhelan, era la capitale. Ecco allora rinvenire alcune analogie con la Madonnina, che è anch’essa dorata, quindi aurea, e inamovibile, nonché simbolo di Milano e dei milanesi. La dea Belisama (o Brigida), divinità solare moglie del dio celtico Belenos, è inoltre detta la “Splendente”, altro elemento che l’accomuna con la Madonnina. La tradizione locale identifica l’antico santuario con una piccola cella a base quadrata rinvenuta all’interno di Santa Tecla, forse circondata da un portico, con delle misure che si aggirano attorno ai 17 metri circa per lato. Belisama/Brigida accomunava in sé le caratteristiche di Grande Madre, guaritrice, ispiratrice della poesia, produttiva, in quanto preposta alla fecondità della terra, e guerriera, nelle vesti di protettrice dei combattenti, qualità detenute contemporaneamente da tre divinità femminili romane: Minerva, Diana e Giunone. I Romani decisero comunque di convertire il santuario in tempio di Minerva, fino a quando, pochi decenni dopo la proclamazione della libertà di culto per i cristiani con l’Editto di Milano (313) dell’imperatore Costantino, venne costruita sul sito la basilica di Santa Tecla, dedicata a Tecla di Iconio, discepola di Paolo di Tarso.
Sono dunque passati i secoli, e si sono succedute differenti religioni, ma quella che era stata un tempo la devozione della popolazione celtica per una divinità femminile è rimasta, rivisitata oggi in chiave cristiana e rappresentata dalla Madonnina, vera e propria continuatrice di questa antichissima tradizione milanese del culto matriarcale.
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